Aprile 1963. Giovanni
Leone, Amintore Fanfani, Giacinto Bosco con il
figlio Manfredi, entrano nel teatro Mascagni in
occasione della cessione delle acque del Torano.
E' la principale
sorgente del versante tirrenico del Matese, la vita di Piedimonte e
della pianura. Secondo i più il suo nome deriva dal latino Tauranus,
derivato di taurus. La derivazione del Torano dal lago
Matese, anche se
parziale, è stata sempre saputa, tanto che nei nostri statuti municipali
del 1481, si proibisce ai pecorai di lavare pecore e gettare immondizie
allo Sfonderato, poi detto Scennerato (=
scende rapido), l'inghiottitoio del lago. Questa ipotesi è diventata
certezza quando il 5 marzo 1953, 73 kg. di fluorescina sodica al 2%
furono gettati nello Scennerato. Si prelevarono campioni di acqua a capo
Torano, che furono esaminati in camera oscura colla prova della lampada
a martello. Dopo cinque giorni cominciò la colorazione, che durò per
circa due mesi. Tutta l'acqua nel letto del Torano appariva nell'onda
cromatica verde.
Con i lavori della S.M.E. al lago, si notò l'abbassamento nel Torano
delle curve di massima portata giornaliera durante i vari mesi, e
sparizione di grandi fluttuazioni. Dunque il lago influenza specialmente
le piene del Torano.
La sorgente del Torano è di natura carsica con
condotto a bacino interno. Dallo Scennerato avrà un
percorso tortuoso, infiltrazioni, conche e cascate,
dato il forte dislivello di 800 m. Attraverso il
complesso calcareo l'acqua scende fino alle dolomie impermeabili, e
fuoriesce nella valle. Tutta
la pianura fin quasi a metà distanza dal Volturno è opera del Torano,
durante la presente epoca Quaternaria. Benché per gli
antichi il Torano fosse uno solo con varie sorgenti, tanto da chiamare
"Toranello" la sorgente del Cila, il cosiddetto Maretto,
pare che le cose siano un pò diverse. La sorgente del Toranello
(Maretto) è anzitutto sorgente di sbarramento per faglia, ha tre polle
che sgorgano dal basso, a quota 175, un regime più costante del Torano
quanto a portata, maggiore temperatura, alcalinità e resistenza
elettrica. Non ha comunicazione almeno collo Scennerato, poiche nel 1953
non fu raggiunto dall'onda cromatica verde. Nessuna meraviglia,
l'idrografia sotterranea è capricciosa tant'é che il verde dello
Scennerato, dopo un mese, uscì a Telese. Per il maretto, quindi, vi
saranno altri depositi e derivazioni.
A valle di Piedimonte, in località Chiusa, a km. 2,2 dalla Sorgente, il
Torano si biforca. Un ramo Torano-vecchio, scorre a sinistra per
Vernelle, l'altro ramo, Torano-nuovo, scorre a destra per Alife. I due
rami sboccano nel Volturno a km. 5 l'uno dall'altro (foce di Torano
morto). Questa divisione non è naturale ma provocata dall'uomo. Non è
facile dire quando è stata attuata. Nel '500 c'era. Il
Paternocanta del <<....dolce e patrio Toran che per due strade,
l'argento e l'ambra nel Volturno asconde>>.
In una causa fra le Università di Piedimonte e di Alife, dibattuta
l'anno 1500 nel S. Real Consiglio, Alife sostenne che Piedimonte non
può levare aquam a solito cursu, puta a Torano novo, inducendo
aquam in Torano veteri. All'epoca feudale, i signori di Piedimonte e poi di Alife, tentarono
impadronirsi dei diritti sull'acqua. A Piedimonte ci riuscirono in
parte. Alife invece resisté, e vinse tutte le cause: sulla derivazione
dell'acqua nel 1505, nel 1739 circa la pesca, nel 1740 per
l'irrigazione, e nel 1805 per avere i propri mulini. Infatti il Torano, fino alla metà del XX secolo, era
un fiume pescoso. Nelle Memorie storiche di
Raffaele Marrocco (padre di Dante) si legge:
"Per
la pesca delle trote nel Torano e nel
Maretto vigeva l'jus proibitivo, e
l'esercizio si dava in appalto. Nel 1642 venne
emanato un « bando » secondo il quale i pescatori di
frode sarebbero stati condannati alla pena di duc.
10 e a tre mesi di carcere.
Nel 1790 l'abuso era ancora in vigore, come risulta
dalla seguente supplica, che si conserva in
originale dall'Associazione Storica, supplica
diretta al feudatario del tempo: « Eccellenza,
Antonio Candalarese della città di Piedimonte
supplicando espone a V.E. come ritrovandosi per
terminare l'affitto della pesca nei Torani, il cui
annuale estaglio è stato in docati quarantacinque,
al presente quarantasei; e volendo il supl.e
colla sua solita propensione per il vantaggio degli
interessi di V.E. crescere il suddetto estaglio,
perciò nell'atto che offre annui docati cinquanta,
La priega degnarsi ordinare al suo Agente, che ne
stipoli le cautele solite, e per anni due,
chiedendole però di grazia di non assoggettargli la
presente offerta sub asta; e l'avrà ut Deus, etc.
Antonio Candalarese supl.e come sopra».
I diritti che si esigevano dall'affittatore erano i
seguenti: pesca con la rete ducati 5 l'anno; pesca
con la canna, cioè con l'amo, ducati 3; pesca con la
« lanciatoia » (fiocina) ducati 3; pesca con le mani
(!) carlini 3.
Il Regio Decreto del 9 dicembre 1909, approvando l'elenco delle acque
pubbliche di Terra di Lavoro, respingeva le proteste di Piedimonte,
Alife, San Potito, eredi Gaetani ed altri, e il Torano diveniva
demaniale. Con altro Regio Decreto del 9 marzo 1924, anche il lago
Matese e il Maretto erano iscritti nell'elenco. Logicamente, non si
doveva confondere il diritto di proprietà col diritto d'uso, che
restava riconosciuto.
Ma un problema ben più
grave è all'orizzonte. Infatti, l'idea di utilizzare l'acqua del Torano
per dissetare la Campania, risale addirittura al 1866, ma è nel secondo
dopoguerra che i progetti divennero concreti, e non vi fu estranea la
politica.
Il 6 febbraio 1949 un progetto del Genio Civile di Napoli, allo scopo di
costruire un acquedotto sussidiario per Napoli, prevedeva il
prelevamento di 3.000 l/s dal Torano Maretto. A Piedimonte venivano
lasciati litri 150 per abitante, calcolando l'aumento della popolazione
fino al 2000, a 18.000 abitanti (in effetti ne sono poco più di 11.000).
Il Comune di Piedimonte si oppose ed attraverso una dettagliata
relazione del prof. Marco Visentini avanzò le sue richieste. Nella
relazione al Consiglio comunale, il sindaco D'Amore, nel dicembre del
1957, basandosi sull'ottima relazione Visentini, chiedeva per Piedimonte
l. 690", ed altri l. 450" per l'irrigazione della pianura alta, una
completa e razionale rete di fognature, che le spese di tutti i lavori
venissero fatti dalla Cassa, che l'acqua riservata a Piedimonte e zona
fosse lasciata fuori dalla canalizzazione dell'acquedotto campano, ed
infine che lo scarico S.M.E. fosse continuo e costante.
Ancora il 6 settembre del 1958 la Cassa del Mezzogiorno dava
precisazioni ribadendo il suo punto di vista, e ancora "il Comune
pensava di risolvere con qualche deliberazione del Consiglio, quel che
invece era bene affermare in altro modo, chiamando direttamente in causa
la popolazione (D. Marrocco,
o.c.)". Il 9 gennaio '59 il
Prefetto di Caserta autorizzava la Cassa ad introdursi nelle proprietà;
il 18 luglio '60 il Ministro dei Lavori Pubblici emanava
l'ordinanza n. 4710, e ad essa, il 29 novembre '60, rispondeva
l'opposizione del Consiglio comunale e l'opposizione del Consorzio di
Bonifica. Ma ormai il fatto era compiuto!
Il 7 aprile 1963 le acque del Torano vengono
ufficialmente incanalate nell'Acquedotto Campano.
Alla cerimonia sono presenti il Capo del Governo,
Amintore Fanfani, Giovanni Leone, Giacinto Bosco e
suo figlio Manfredi. Come capita in queste
circostanze anche i cittadini di Piedimonte ebbero
solenni promesse di un futuro sviluppo industriale,
che non avvenne mai. Né ci fu una qualsiasi altra
contropartita. Piedimonte, la città che aveva avuto
un glorioso passato industriale fondato
prevalentemente sull'utilizzo delle sue copiose
acque, ora si ritrovava a secco.
Essendo stata l’acqua del Torano impiegata
nell’Acquedotto Sussidiario di Napoli, il suo letto
divenne praticamente vuoto dall’origine fino
all’unione con quello del Maretto, per cui si
ritenne di coprirlo con le attuali strade. Le acque
che oggi vediamo scorrere sono quelle di scarico del
Lago Matese attraverso la Centrale Idroelettrica di
Piedimonte Matese. Solo occasionalmente si
aggiungono quelle delle Sorgenti Maretto o Torano in
caso di superamento della portata o per necessità di
scarico in caso di problemi alle condotte dell’asse
principale.
LAcquedotto Campano è stata
la prima grande opera idrica realizzata dalla soppressa Cassa del
Mezzogiorno, che convoglia nellarea di Caserta e Napoli le acque
captate dalle sorgenti del Biferno sul versante adriatico del massiccio
del Matese in Molise e dalle sorgenti del Torano e del Maretto, che
scaturiscono sul versante tirrenico dello stesso massiccio.
Le portate minime e massime delle sorgenti su indicate sono: Minima
Massima
Biferno 700 l/s
1.900 l/s Torano
1.000 l/s
2.500 l/s
Maretto
400
l/s
900 l/s Pertanto la portata complessiva minima
dellAcquedotto Campano è di 2.100 l/sec e quella massima di 5.300
l/sec.
Lo sviluppo complessivo della condotta è di circa 580 km. I comuni
serviti direttamente sono 42. Sono alimentati essenzialmente
dallAcquedotto Campano: lAcquedotto di Terra
di Lavoro e lAcquedotto Aversano.