|
Durante
loccupazione
militare francese, con la legge dell8 Dicembre 1806, Terra
di Lavoro fu divisa in tre distretti. Piedimonte, elevata a capoluogo di
circondario (con la giurisdizione sui comuni di Ailano, Alife, Castello, Raviscanina, SantAngelo di
Raviscanina, San Gregorio, San Potito, Valle di Prata) apparteneva al
distretto di S. Maria C.V.. Con la successiva legge del 1° Maggio 1816
n. 360, Re Ferdinando I istituì il distretto di Piedimonte: ben 80.283
abitanti in otto circondari, che arrivarono a 98.843 nel 1834!
"Piedimonte sta situata appiè'degl'appennini,
e pur cinta dalli stessi fiumi Volturno, e Torano.
In questa città son stabilite fabriche di fini,
ed ordinarj panni. Anche cartiere
di fina , ed ordinaria carta, e con,
particolarità la bergamena per covrir libri,
e per privilegi . V' è l'officina per
preparare il rame. Si fa gran spaccio di fine
calze di bianca lana, ed in particolare
di ligacce, che sono assai comode. I terreni
di Piedimonte
producono ottimi frutti, tenere erbaggi
ortolizie, vigneti, l'uve de'quali danno un
soavissimo vino detto pellagrello, che è
ricercatissimo; v' è ottima piantaggione di
ulivi, quali oltre che danno ottim' olio,
v' è pure che vi sono alquante olive grosse,
le quali, raccolte verdi, e condizionate in vasi di
creta, con una certa particolar loro concia, li
mandano in dono, e pur in vendita. Si fa pure
industria di certe grosse e carnute pera,
le quali le fan seccare, ed entro scattole le
mandano fuor del paese. Si fa commercio ancora di
dilicati latticini, fra quali certe
cacciottine, che per un più piacevole sapore
l'involgono nelle foglie di timo, e di piperna. E
perchè nel territorio di
Piedimonte v' è pure la piantagione di
scagliola, e di miglio, da queste piante
si formano le ottime scope per uso di camere.
Ed in fine dei due già detti fiumi si pescano
trotte,
tinghe,
e capitoni."
(V. Corrado,
Notiziario delle particolari poduzioni delle
province del regno di Napoli, II edizione,
Napoli, 1816. Allo stesso modo Lorenzo Giustiniani
nel suo
Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli,
1804).
Le acque che scorrono
ai lati di Piedimonte formano varie fontane in virtù
delle quali si trovano costruite più cartiere,
ramiere, mulini, trappeti e gualchiere per le
fabbriche di panni d'ogni qualità e nel loro genere
perfetti.
Per le misure dei terreni poi, la grande
molteplicità delle misure nel Regno dava luogo a
liti tra i professionisti e gli operatori del
settore. A Piedimonte la misura del tomolo
constava di 46.080 palmi quadrati, e si adoperava
per i terreni seminativi e per i boschi; vi era
anche la misura chiamata Giornata del Bove da
38.400 palmi quadrati, che si usava per i terreni
alberati e per gli oliveti in pianura o nei luoghi
semipiani; la Giornata di Zappa da 9.600
palmi quadrati usata per i terreni alberati e per
gli oliveti, ma in luoghi montuosi; e infine il
moggio di 57.600 palmi quadrati, del quale si
faceva prevalentemente uso nei patti pubblici.
Siamo nel 1834 e Piedimonte fa di popolazione 5.465
anime: celebra cinque fiere annuali; cioè nella
terza domenica dopo Pasqua di Resurrezione col
sabato che la precede; nei giorni 1 e 2
giugno; il 15 e 16 luglio; l'8 settembre; e dal 10
al 13 novembre.
Le manifatture di cotone stabilite da Egg in
Piedimonte sono appena seconde a quelle d'
Inghilterra. La fabbrica ivi esistente di pelli
preparate ad olio di pesce e quella privilegiata di
carte e cartoni di paglia acquistano ogni giorno che
passa maggiore perfezione.
E di questo periodo la massima espressione
politico-amministrativa di Piedimonte. Essa dipendeva dallIntendenza di
Caserta e il suo Sottintendente alloggiava presso lex convento di San
Domenico.
Il distretto era diviso in 8 circondari per
complessivi 46 Comuni, alcuni con piccoli borghi:
1. Circondario di Piedimonte:
Ailano, Alife, Castello, Gioia, Raviscanina, S. Gregorio, San Potito,
Sant'Angelo, Valle di Prata.
2.
Circondario di Caiazzo:
Alvignano, Campagnano, Dragoni, Piana, Rajano.
3.
Circondario di Guardia:
Amorosi, Castelvenere, S. Lorenzo Maggiore, S. Salvatore.
4.
Circondario di Cerreto:
Faicchio e San Lorenzello.
5.
Circondario di Cusano:
Civitella e Pietraroja.
6.
Circondario di Capriati:
Ciorlano, Fossaceca, Gallo, Letino, Prata.
7.
Circondario di Venafro:
Filignano, Montaquila, Pozzilli, Presenzano, Sesto.
8.
Circondario di Castellone:
Cerro, Colli, Pizzone, Rocchetta, S. Vincenzo.
"Piedimonte dAlife, tra il
1830-1859, pur trattandosi di un comune che aveva una buona attività
industriale e godeva di una buona posizione geografica poteva fare da
cerniera per il commercio interno del regno di Napoli fra la provincia
di Caserta ed il Molise per la politica attuata dai Borbone e per la
politica degli amministratori locali, non ebbe la forza di favorire la
crescita delleconomia locale. Le innovazioni istituzionali
introdotte dai francesi, nel Mezzogiorno, allinizio dellOttocento, non
avevano sostituito completamente lapparato istituzionale settecentesco.
Il governo centrale forte non era in grado di far fronte alla varietà di
esigenze che si presentavano a livello locale; le amministrazioni
comunali, governate dal decurionato un organo nominato dal re , non
furono in condizione di ribellarsi alle politiche dei Borbone. Pertanto,
mentre a Cagliari si riuscì a realizzare un ospedale cittadino, a
Piedimonte dAlife, coloro che coprivano le cariche politiche si erano
così insteriliti da non avere la forza di ribellarsi al piano di
costruzioni stradali, distrettuali e provinciali che lasciava Piedimonte
dAlife fuori da importanti vie di comunicazione commerciali. Dal punto
di vista amministrativo- contabile, i preposti al governo della città
ebbero poche possibilità di gestione delle entrate, poiché vincolati
alle necessità del pareggio del bilancio. Le entrate comunali,
costituite per la maggior parte dal gettito dei dazi di consumo, non
aumentarono in proporzione allaumento dei bisogni. Lo stesso dazio creò
buoni margini di favore per lelite locale costituita principalmente
dagli amministratori comunali , che cercarono favori personali al
momento del pagamento dei tributi."
(M.C. SCHISANI,
La finanza pubblica napoletana tra centro e periferia. Piedimonte dAlife
durante il regno di
Ferdinando II (1830-59), ESI,
Napoli, 1995.)
Nel
1857 lintero
distretto di Piedimonte contava una popolazione di
107.456 abitanti e le classi sociali erano così suddivise:
· Religiosi
(preti, frati e monache), 886 217 solo a Piedimonte, data la
presenza delle numerose
chiese, conventi e monasteri.
· Maestri/e,
105 15 solo a Piedimonte,
abbastanza sufficienti per i suoi 335 alunni.
· Avvocati,
62
· Notai, 56
· Medici, 76
· Chirurghi, 34
· Farmacisti, 62
· Salassatori, 129
· Ostetriche, 87
· Artigiani, 210
· Commercianti, 371
· Contadini, 34.798
· Pastori, 3.819
Tutti gli operai tessili (filatori,
tessitori, assommavano a 1497 uomini e 5.713 donne) con una forte presenza
a Piedimonte (1670) grazie alla presenza del
cotonificio diretto da Gian
Gaspare Egg.
Da questo quadro complessivo risalta
lanalfabetismo dilagante, un solo maestro comunale ogni 1023 abitanti!
Analfabetismo dovuto allavarizia dei comuni non proprio ben disposti
nello spendere nellistruzione, dove le donne erano quasi del tutto
escluse. Sopperivano in parte a questa deficienza la forte presenza delle
istituzioni ecclesiastiche.
Le scuole, che dipendevano dal Mm. degli
Affari ecclesiastici, erano controllate da un Ispettore distrettuale. Vigilavano pure parroco, sindaco e genitori.
La rete viaria non era molto
estesa, tuttavia le poche strade erano ben curate , come la Venafro-Prata,
che era alberata. Nel 1857 fu inaugurata anche la strada Sannitica, Piedimonte-Gioia. Già dal 1830 funzionava la strada Borbonica, che partiva
da Caserta e, per Caiazzo e la scafa di Ruviano, giungeva a Piedimonte. Ma
esistevano problemi di esondazioni all'altezza dell'attuale ponte
Margherita che mettevano la scafa fuori servizio, per cui fu approvato,
nel 1861, un piano pluriennale per la realizzazione di un ponte stabile.
(Una semplice scafa sul Volturno
inferiormente a Caiazzo, nella provincia di Terra di Lavoro, serve ora
al passaggio lungo la strada nazionale di Piedimonte d'Alife presso
Gradiello. Ad ogni piena delle acque rimanendo la scafa fuori di
servizio, ne restano conseguentemente interrotte le comunicazioni con
danno non lieve di quelle popolazioni. Ad ovviare si grave sconcio
ordinossi fino dallo scorso anno l'allestimento del progetto d'un ponte
stabile; ma gli studi non poterono spingersi colla desiderata
sollecitudine, attese le difficoltà che s'incontrarono nella scelta più
opportuna pel nuovo varco. Tali difficoltà essendo state da ultimo
risolte da una Commissione tecnica appositamente recatasi sul luogo, il
progetto potè finalmente essere compiuto e presentato
dall'ingegnere-capo della provincia, il quale non mancò di corredarlo di
lutti i documenti giustificativi sia riguardo alla località prescelta,
sia in proposito alla spesa calcolata di L. 511,454 20. La necessità di
assicurare quanto prima quel passaggio richiede che si provveda senza
ritardo all'appalto dell'opera: rimane solo che piaccia al Parlamento
deliberare la spesa e ripartirla, come vien proposto, in tre esercizi
successivi. Bilancio 1862 . . . L. 100,000 Idem 1863 ... L.
200,000 . Idem 1864 . . . L. 211,454 20 - Totale L. 511,454 20).
(Atti Parlamentari del Senato, Vol.II,
1861).
Restavano comunque parecchi comuni del distretto privi di una carrozzabile.
Un progetto rimasto irrealizzato fu quello della ferrovia Caserta-Maddaloni-Piedimonte, che sarebbe dovuta arrivare fino ai confini
dello stato Pontificio.
Durante il periodo liberale, sfociato
nella rivoluzione Carbonara del 1820, anche il Regno ebbe la sua
costituzione spagnola. In questo periodo Terra di Lavoro, con i suoi
572.170 abitanti, elesse otto deputati, solo due di essi appartenevano al
distretto di Piedimonte: Perugini Pier Paolo di San Lorenzello e Giovan
Battista Armieri di Venafro.
La vita nel distretto scorreva abbastanza
tranquilla: «
sensibile minorazione di
delitti », ma
anche «
numero non indifferente di
vagabondi e di inquisiti
». In quei
giorni serano verificati incendi di boschi, e si notavano comitive armate
non permanenti, ladruncoli che « alloccasione si organizzano e sciolgono
».
La
casa Gaetani restava ancora molto
influente anche se aveva perduto il suo diretto dominio. Era molto
influente a Corte sicché chi le era vicino poteva godere delle sue
influenze ed avere una carriera facilitata. Esempio evidente fu la rapida
carriera del capitano Canofari che passò da Ispettore di Polizia di Piedimonte a Plenipotenziario
di Palermo, dietro chiamata diretta
dellallora Viceré di Sicilia, Onorato Gaetani.
Il clero, come abbiamo visto, era pressoché
onnipotente come classe sociale. Ma il terrore del clero era la
Carboneria. Nel periodo che va dal 1820 al 1830 i carbonari piedimontesi
erano circa cento. Questi ultimi si riunivano segretamente presso il bosco
di Torcino e qualche volta anche in paese, in via Cila. Nel 1826 il papa
Leone XIII li scomunicava.
Nel 1825 venne inaugurato l'attuale cimitero, che servì molto nel luglio del 1837 quando comparve a Piedimonte anche il morbo del colera
(già nel 1835 c'era stato il vaiuolo), era della forma peggiore e a Napoli
i contagiati già si contavano a migliaia. A Piedimonte fu realizzato un
lazzaretto di fortuna, lontano dal paese. Comunque i contagiati furono 91 e
le vittime 43. I santi San Marcellino e san Rocco furono lasciati a Porta
Vallata come per difendere il paese dalla nuova peste.
Passato il periodo della Carboneria
incominciò quello liberale. Verso la fine del 1847 cortei improvvisati al
grido di Viva la Costituzione! attraversarono le vie del paese. La gente
si affacciava stupita dalle finestre coi lumi accesi per osservare chi
erano questi nuovi scalmanati.
La Costituzione arrivò il 10 gennaio 1848.
Il distretto di Piedimonte, che oramai contava 102.699 abitanti, ebbe
eletti 3 deputati, tra i quali Vincenzo Coppola di Piedimonte e Gaetano
del Giudice di San Gregorio. Ma la tanta sospirata Costituzione e gli
stessi liberali che lavevano voluta ebbero vita breve. In seguito ai
disordini del mese di aprile dello stesso anno 1848, la Camera fu sciolta
ed i liberali perseguitati dalla Polizia. I liberali ebbero vita dura
anche a Piedimonte poiché venivano controllati a vista dalla Polizia
locale.
La vita ufficiale era calma. Benessere ce
nera. Un matrimonio, la festa del Patrono, il Carnevale erano avvenimenti
importanti, regolati seriamente fin nelle minuzie. Una volta la maestra
di Piedimonte e quella di Vallata agli esami dellagosto 1856,
presentarono alle autorità una piccola mostra didattica delle loro
ragazze. Che festa! A vedere i bei lavori di cucito, e nel sentire
declamare poesie si rimase entusiasti. Segno che la buona volontà cera.
Poi tutta listruzione femminile fu affidata dal Comune alle
Figlie della
Carità (un'istituzione voluta da Don Niccola Coppola finalizzata
all'educazione delle giovinette, approvata con Regio Decreto n.2624
del 17 novembre 1851) e anche qui teatrini e omaggi a monsignori ed autorità.
Guardando le cose alla superficie tutto era
tranquillo. Nel rapporto allIntendenza del 3 gennaio 57, i
«
passati settari non han dato il menomo
motivo a sospettare cosa in contrario allattuale regime di Governo
».
Ma è di questepoca (forse 1859) la seconda
Loggia massonica di Piedimonte.
« Figli del
Matese »
con 51 iscritti (lelenco sta
allAssociazione Storica del Medio Volturno) tutti i protagonisti del 60,
di cui però ignoriamo i gradi. Cominciarono subito a screditare il Governo
borbonico presso il popolo.
Ormai ci stiamo avvicinando al periodo del
brigantaggio: delinquenti comuni che riuscivano a vivere alla macchia e
soldati sbandati.
Un altro pericolo incombeva da secoli sul paese:
quello delle inondazioni. Lottocento piedimontese fu anche segnato
appunto dalle
inondazioni del 1841 e del 1857. Larrivo delle piogge
autunnali era sempre atteso con ansia e paura, ansia e paura che qualche volta
diventava vero dramma. La questione alluvione fu affrontata
definitivamente con la costruzione di enormi dighe alla Valle del Rivo e
alla Valle Paterno. Fu anche presa in considerazione la possibilità di
ricostruire Piedimonte nella zona di Sepicciano, ma non se ne fece nulla. Come non se ne fece nulla del "Progetto (del 1867) per regolare definitivamente il tronco del Torrente Valpaterno, dallo sbocco nella valle del Maretto fino alla confluenza del fiume Torano, nonchè per rettificare il tronco del fiume medesimo dalla detta confluenza fino al partitoio delle sue acque, collo scopo di difendere l'abitato di Piedimonte d' Alife. Il Consiglio dei Lavori Pubblici lo rimandò domandando modificazioni che si stanno facendo".
La visita di
Ferdinando II
Due furono gli
avvenimenti più clamorosi di questo periodo a Piedimonte: la vista del Re
e limpressione per lattentato alla sua persona.
Già Ferdinando I
aveva promesso una sua visita appena compiuta la strada reale. Ma morì
prima che questa fosse completata. Daltra parte, il gran nome della
filanda
Egg spinse Ferdinando II a visitare Piedimonte il 17 aprile 1841.
Arrivò di mattina e fu salutato dalle campane. Consumò una colazione
nellappartamento di Gian Giacomo Egg e poi visitò minuziosamente la
grande azienda. Dopo essersi interessato di ogni cosa, manifestò il suo
plauso, dette allEgg una medaglia doro e lo autorizzò a chiedergli una
grazia. Lintelligente industriale chiese un ponte sul Volturno per
evitare le lungaggini e la spesa del passaggio sulle scafe. Gli fu
promesso. Se non che, mentre il Re usciva nella strada tra la folla che lo
attendeva, le
«
mulazze
»
o figlie dignoti,
ragazze napolitane apprendiste, qui tenute con troppo rigore da Egg, si
gettarono in ginocchio e chiesero gridando
«
Grazia, grazia
». Si
riuscì a zittirle e il Re, incuriosito, chiese che volessero. Un altro
grido «
La libertà, la
libertà
». Egli
annuì col capo e ripetè
«
La libertà, la
libertà! Vi sia concessa
».
La carrozza reale
proseguì per Palazzo ducale. Sostò a S. Maria e il Re visitò la chiesa
drappeggiata per il triduo di S. Giovan Giuseppe, pregò, e poi andò al
pranzo ufficiale al Palazzo. A riceverlo, dimentico delle recenti
incomprensioni, era il vecchio duca Onorato, fino a poco addietro Viceré
in Sicilia. Dopo visitata la sorgente del
Torano, al pomeriggio il
trentunenne e aitante monarca partì, seguito dalla popolazione plaudente.
La visita destò
ammirazione nel sovrano. Chiamò Piedimonte
«
tre volte bella
»
e
«
una piccola Napoli
>>,
perché ci si
trovava tutto. Da Napoli mandò onorificenze e decorazioni. Nel 1841 vi erano numerose fiere: nella terza domenica dopo Pasqua di Resurrezione col sabato che la precedeva, nei giorni 1 e 2 di giugno, il 15 e 16 di luglio, l'8 di settembre, e dal 10 al 13 di novembre (Almanacco Reale del Regno delle Due Sicilie per l'anno 1841 - Stamperia Reale di Napoli).
Lattentato subito l8
dicembre 1856 servì a dimostrare lattaccamento di quasi tutta la
popolazione al sovrano. Feste in tutto il distretto, Te Deum nelle
Chiese, accademie nei seminari, cortei e fiaccolate. Lo scampato
assassinio era dovuto, si disse, a grazia speciale, dato che il pugnale di
Agesilao Milano aveva raggiunto il corpo. In un mese si raccolsero 800
ducati e si costruì la facciata alla chiesa madre di S. Maria, dal Re
visitata. Da Piedimonte partì la proposta perché nel luogo dellattentato
sorgesse un
«
religioso monumento
»
alla
Immacolata.
Cerimoniale esagerato
nella vita ufficiale da parte dei funzionari era unaltra caratteristica
di questo periodo. Quando venne in Piedimonte il generale Pietro Vial,
Comandante territoriale, tutti in piedi ogni volta che veniva nominato!
La Legione del Matese
Gli avvenimenti del 1860 furono caratterizzati dagli scontri tra le
truppe borboniche e piemontesi per il controllo del territorio e dalla costituzione della legione garibaldina
denominata appunto Legione del Matese. Tale Legione era stata fornita
dalla
borghesia Capuana di uomini, d'armi e di munizioni e tanto e tale era
l'entusiasmo delle popolazioni, che nella compagnia
del piedimontese Stocchetti, venuta da S.
Angelo presso Dragoni, fu visto un ardito vecchio ingrossare le file con
tutti i suoi figli, e strana cosa a dire, poco appresso due figlie dello
stesso, armate di tutto punto, recaronsi a dividere i pericoli ed i
rischi del padre e dei fratelli.
Fin dal giugno un
gruppo di volontari sera costituito a Piedimonte, a questo gruppo aderì la
Guardia Nazionale in agosto. Arrivarono qui dalle navi sabaude ancorate a Napoli
(Caso conosceva lammiraglio Persano) fucili, munizioni e bandiera. Su
questa era scritto
«
Legione del Matese
»
I volontari arrivarono a 250, tra
questi c'era anche Gioacchino
Toma, pittore di Galatina (LE), qui confinato.
Gli avvenimenti
incalzavano. Garibaldi aveva invaso la Calabria, e il 31 agosto, 80
nostri legionari si diressero di notte a Benevento insieme alla colonna irpina, la città fu da loro
occupata il 3 settembre.
La sera del 7 settembre arrivò la grande notizia: Re Francesco
aveva lasciato
Napoli il giorno prima, e Garibaldi vi era entrato. Il sindaco Pietro Romagnoli coi
decurioni
proclamò il governo provvisorio in nome di Vittorio Emanuele II.
Subito si organizzò un corteo con le fiaccole e furono abbassati dovunque
gli stemmi borbonici. Achille Del Giudice veniva nominato da Garibaldi
maggiore della Guardia nazionale per il distretto di Piedimonte.
Ma il governo piemontese durò poco. Tutto l'esercito borbonico era a
disposizione del Maresciallo Generale Giosué Ritucci dietro al Volturno
e concentrato dentro e intorno Capua, una piazzaforte solidissima, e
anche a Caiazzo appena riconquistata dopo solo un mese circa
dall'occupazione garibaldina.
Nel momento in cui
i regi s'impossessavano di Caiazzo, la Legione
del Matese tentò di spingersi in suo soccorso, ma fu tenuta ben
protetta dalle imponenti forze borboniche, che
ormai erano vicine a Piedimonte. La
popolazione incominciò allora ad agitarsi ed i governanti locali pensarono bene di
rifugiarsi presso il palazzo Del Santo, posto vicino alla via di fuga per il Matese. La Legione del Matese fu chiamata durgenza da Caso per difendere
la cittadina. Infatti arrivarono circa 300 camicie rosse ma la loro folta
presenza non fece altro che attirare i borbonici. L'esodo dei garibaldini da Piedimonte non poteva rassicurare il generale borbonico Von Meckel, che decise di spedire lo stesso sue truppe per operare il disarmo del paese e farvi perquisizioni. "L'occupazione avvenne senza bruciare una cartuccia..." grazie a Monsignor Vescovo D. Gennaro Di Giacomo, il Duca di Laurenzana D. Antonio Gaetani ed il proprietario della Fabbrica dei cotoni D. Gaspare Egg., che andarono a parlamentare con il generale comandante delle truppe Borboniche.
Fu lo stesso Re Francesco II a suggerire al Ritucci di sbarazzarsi del
minuscolo distaccamento del maggiore Michele Csudafy e delle piccole
bande di garibaldini insorti di Piedimonte. Ai duecento garibaldini a
seguito di Csudafy si affiancarono i 240 locali che costituivano la
"Legione del Matese": ben poca cosa di fronte all'imponente esercito
borbonico.
L'ordine categorico per i reali era quello di distruggere Piedimonte in
caso di resistenza da parte della popolazione locale. Resistenza che non
avvenne, anzi la popolazione locale, lungi dall'essere di appoggio ai
garibaldini, era divenuta via via sempre più ostile. Il 24 settembre,
alle ore 23:00, il paese fu evacuato con il favore delle tenebre.
Così i « legionari» furono costretti a lasciare Piedimonte, e per Cusano e Telese arrivarono a Caserta.
Alla battaglia del Volturno, 1-2
ottobre, ebbero un avamposto sui monti Tifatini, che difesero. contribuendo a quella strepitosa vittoria finale. Il più noto dei legionari il pittore Giocchino Toma così ricorda quei giorni: "combattemmo il 1° ottobre a Santamaria di Capua, il 2 a Caserta" - "La "Legione del Matese", ritiratasi da Caserta Vecchia, si ridusse tutta al tramonto sul colle di Santa Lucia, e vi si mantenne in posizione fin verso la mezzanotte, quando, sostituita da un altro battaglione, rientrò a Caserta per rifocillarsi....al rientro che fece in Caserta da Santa Lucia, si accampò nel piazzale della Reggia pernottandovi a ciel sereno".
Qualche giorno prima a loro volta i Borbonici furono richiamati sul fronte il 29, e tornarono il
3, non proprio vincitori. Il Comune si affannava al loro vettovagliamento
quando, per giunta, arrivò la notizia: Tutte le terre rimaste sotto Re
Francesco sono tassate, e soltanto Piedimonte, la cittadina industriale deve
versare 50.000 Ducati. E dove si pigliavano?
Nessuno però sapeva che la Legione; incolonnata con altri uomini, al
comando delleroico Nullo, stava aggirando il Matese puntando su Isernia. A
Pettoranello però trovarono tale resistenza da lasciare parecchi morti sul
terreno, e prigionieri al nemico. Tornarono subito indietro.
Poi, tutto di nuovo precipitò per i regi quando arrivò lesercito piemontese con Re Vittorio in
persona. Isernia cadde e i Sabaudi si spinsero in un momento a Venafro, in
Terra di Lavoro. Mentre ciò avveniva, il comandante borbonico Von Meckel venne a Piedimonte e vi
fece trasferire al Seminario 320 feriti da Caiazzo. La nostra popolazione
era apertamente borbonica e il Generale vi mandò 500 fucili e munizioni per
armarvi un Battaglione che si formò immediatamente. Erano, dice il De Sivo, gente buona e scrutinata
prima. Secondo i garibaldini erano Bande di uomini presi dalla feccia
del popolo. Vera guerra civile! Il battaglione così formato fu inviato a
combattere a Gaeta, donde ritornò dopo lassedio.
Il 6 ottobre stava a Piedimonte il gen. Scotti Douglas con 1500
uomini. Su indicazione del Raffaele Gaetani andò ad occupare il Macerone, ma
si trovò di fronte ai Piemontesi e fu fatto prigioniero.
Gli si trovò addosso la lettera del Gaetani, e perciò questi che lo
aveva consigliato, il 22 ottobre, insieme ai regi, lasciò Piedimonte colla
famiglia. Andò a Gaeta e poi a Roma, dove rimase presso il Re fino al 67.
Sempre il 6 ottobre il Ministro degli Interni promuoveva il
sottogovernatore di Piedimonte, Rispoli, alla prima classe e lo
trasferiva a Matera, al posto di Ignazio Grassani, che intanto veniva a
Piedimonte.
Il 7 a Piedimonte non ci fu plebiscito, ma di notte i Borbonici,
lasciarono il paese per lultima volta. L8, di nuovo corteo liberale inneggiante
alla Unità, a Casa Savoia e a Garibaldi.
Col decreto di Vittorio Emanuele II, voluto dal Cavour, le forze
volontarie furono in gran parte sciolte. La Legione ebbe lincarico di tener
lordine in Terra di Lavoro da volontari assieme ai carabinieri. Questo era pure il desiderio
dei "nostri", ma non ottennero che sei mesi di paga e il licenziamento: Cavour
fu duro verso i garibaldini. "La penosa ed ingrata cerimonia del congedo fu assolta da un ex Colonnello borbonico passato ai Savoia (Materazzo) l'8 marzo 1861 nella Caserma San Carlino di Caserta, che trovasi all'estremo limite della via omonima San Carlo. I nostri legionari furono trattati rudemente ... Raccolti in quadrato nel piazzale della caserma...i nostri volontari s'ebbero comando dal Materazzo di fare fasci d'armi: dopo di che, fu loro ingiunto in tono minaccioso di disciogliersi, e di svestire la camicia rossa entro le 24 ore, pena l'arresto".
Cessate le battaglie cominciarono le arringhe. Il 18 febbraio si
ebbero le prime elezioni: si votò a S. Domenico dovera la banca,
cioè il seggio. Lo scrutinio finale si ebbe il 28, e risultò eletto
Beniamino Caso con 344 voti, e in Parlamento sedette nel centro sinistra.
Caso, eletto anche a Caserta, optò per quel collegio e a Piedimonte vi
furono nuove elezioni. Riuscì eletto Gaetano Del Giudice, già deputato a
Napoli nel 48, e nel 60 Governatore della provincia di Foggia.
L8 marzo, a Caserta, la Legione del Matese coi suoi 240 uomini, fu
passata in rivista, e consegnò le armi. Il 14 fu sciolta.
Colle solenni esequie al Cavour, in S. Maria, il
28 giugno, si chiuse per Piedimonte la pagina del Risorgimento. |