Una serie di splendide immagini d'autore,
alcune riportate per gentile concessione dall'ottimo sito molisano
www.montidelmatese.it
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Il lago Matese,
trovandosi a 1.014 metri slm, è uno dei laghi d'Italia posti ad altitudine elevata ed il suo
regime idrico è stato sempre incostante, anche prima che giungesse la mano dell'uomo. Il lago Matese resta il più importante lago carsico della
Campania e dell'Italia, esso occupa gran parte del solco longitudinale
della montagna ma col passare del tempo il suo regime idrologico è stato
profondamente modificato dall'uomo che per scopi idroelettrici ha ostruito
i numerosi inghiottitoi naturali con colate di cemento e arginato, con
lunghi muraglioni inframmezzati da portelloni per lo sfogo delle acque, il
limite occidentale del lago, incanalando poi queste in condotte forzate
per destinarle a due grosse centrali sottostanti. E' certo qualcosa di singolare, e
conferisce alla grande pianura interna un aspetto che distingue nettamente
il Matese da tutte le altre montagne.
Oggi il lago si trova all'interno del Parco Naturale omonimo, che si
estende per 33.326 ha..
Nel suo bacino si raccolgono tutte le acque delle montagne circostanti,
derivanti dallo scioglimento delle nevi del Miletto e della Gallinola,
secondo la linea di displuvio, e da sorgenti, alcune delle quali sono
perenni. In fondo ad esso vi è un serbatoio, che accoglie e
smaltisce lentamente i depositi idrici dei monti. Non ha naturalmente un
emissario visibile, è variabilissimo e, anche ora, che gli inghiottitoi
sono stati isolati, d'estate quasi prosciuga sia per l'acqua asportata
dall'Enel, che per la mancanza di pioggia.
Per antica tradizione si sa che il lago influirebbe anche sul fiume Biferno. Per
il
Torano, se n'è parlato a parte.
Fino al 1920 gli inghiottitoi o "culaturi" erano lo Scennerato, che aveva
intorno un raggio di 5-600 metri di terreno permeabile; Brecce, a imbuto,
con un diametro di m. 7-8, e poteva smaltire anche mc. 1 e 1/2"; Caporale,
piccolo, mc. 1/2"; Bufalara con lesioni ed avvallamenti. Per isolarli
occorsero 3.600 m. di dighe. Erano tutti sulla sponda Sud, mentre le
sorgenti tutte sulla sponda Nord. Derivano da depressioni coperte da
detriti ghiaiosi, giacenti su doline fessurate. Al centro della
depressione sta poi uno strato tufaceo vulcanico, misto a strati torbosi e
detriti argillosi: è questo che mantiene l'impermeabilità relativa, e
genera la possibilità di esistenza del lago.
A maggio, con la scioglimento delle nevi, si ha il massimo volume. L'acqua
può occupare oltre mq. 5.000.000 di superficie, e mc. 14.875.000 di
volume. Il circuito è allora di 12 km. Vi erano molte sporgenze. Oggi
rimane solo l'isolotto di Monterone colla sua piccola sorgente. Oltre alle
nevi, anche le piogge alimentano il lago. La temperatura dell'acqua si
mantiene d'estate sui 20°-22°. Nella conca del lago la temperatura scende
d'inverno fino a 20° sotto zero. Allora il lago si copre di una crosta di
ghiaccio.
Il lago Matese è protagonista
insieme al monte Miletto (2050m) e alla Gallinola (1922m) di un paesaggio
davvero spettacolare. Si trova in una vallata lunga 8km e larga 2km: la
grandezza del lago varia a seconda delle stagioni fino a raggiungere
d'inverno i 6 kmq.
Attualmente, per quanto predetto, può essere considerato un lago
artificiale. La sua trasformazione avvenne nel lontano 1923: prima di
quest'anno il lago era una conca carsica, la più grande del Matese, dove
convogliavano varie masse d'acqua dovute allo scioglimento delle nevi e
alle svariate sorgenti provenienti dai monti.
Nel 1923 vennero chiusi i vari inghiottitoi carsici con delle dighe in
terra che isolarono le voragini e permisero la sopraelevazione del livello
del lago da 1.008m all'altezza di 1.014m, in modo da poter immagazzinare
un volume d?acqua di 25 milioni di mc., tuttavia la
sua quantità di acqua varia con le stagioni, ed è massima durante il
periodo dello scioglimento delle nevi e comunque in quello invernale, ed è
minima in estate quando la sua superficie di estensione ed il suo volume
d'acqua lo riducono a poco più di una grossa palude. A questi
milioni di metri cubi d?acqua è stato dato uno scarico. Si è attraversato
in due gallerie forzate la sponda meridionale del lago per circa due
chilometri e mezzo e il monte Cila; all'estremo delle gallerie si è
innestata una condotta forzata che dà vita alle centrali di Val Paterno e
di Piedimonte Matese, alla base del Matese. Da Piedimonte parte la rete di
fili che da un lato sormonta le propaggini orientali del Matese, sbocca
nella conca di Benevento, fiancheggia la ferrovia Benevento-Foggia e si
prolunga nel resto della Puglia, ove si congiunge con la rete proveniente
dalla Sila, e dall'altro verso il Lazio e l'Abruzzo e Molise. L'energia
prodotta dallo svuotamento dei laghi del Matese vien portata quindi a
centinaia di chilometri di distanza in ricche contrade dell'Italia
meridionale e centrale, ove dà vita ad industrie, fornisce l'illuminazione
a numerosissimi centri abitati, viene utilizzata per la trazione su linee
ferroviarie e tranviarie, si confonde con resto dell'energia che si
produce dalla Calabria all'Abruzzo, in modo da rappresentare un elemento
della grande forza idroelettrica, che allaccia dalle Alpi alla Sicilia,
tutte le regioni d'Italia.
Le erbe lacustri sono dette erba-paglia, erba paparolo, coda di volpe,
ecc. L'imbarcazione tradizionale è il "lontro", un tronco di faggio
scavato, simile a piroga, lungo sui 2 metri, largo 0,60 e profondo
0,50. E' spinto e guidato da un solo remo. Viene utilizzato
prevalentemente per
la pesca delle carpe, tinche, persici, lucci,
capitoni, anguille e alborelle di cui il lago è particolarmente ricco.
Ricordiamo che trovandosi in un parco naturale la pesca è soggetta a
controlli e si necessita dell?autorizzazione.
Questioni giuridiche sul lago
Dopo le leggi feudali, il
primo atto pubblico che modifica le cose nei riguardi del lago si ebbe
nel 1905. Enrico Gaetani d'Aragona, dopo aver fittato il lago per un
triennio, coi relativi diritti di pesca e studi, e dietro cauzione di
L. 100.000 in caso di danno alle sorgenti di Piedimonte, vendeva al
Credito Ticinese (detto dal popolo Società Cinese!) la tenuta del
Matese e il lago. Così, dopo 500 anni, cessò il possesso dei
Gaetani sul Matese.
Il 17 luglio 1905 lo stesso Credito Ticinese fittava al Comune l'altra
metà del lago con facoltà di cambiare il fitto in enfiteusi. E'
rimasta viva la questione che riguarda il fondo del lago.
Sia prima dei lavori della S.M.E. per cause naturali, che dopo per
cause artificiali, il lago conserva la sua variabilità, al punto da
estendersi fino a 5 km di lunghezza in maggio, e fin quasi a
prosciugarsi in settembre. La questione delle adiacenze del lago fu
trattata già nel 1813. Erano estese per moggia legale 1.079, e ne fu
calcolato il valore a D. 446.
La prima questione ci fu nel 1823, quando il duca Gaetani non volle
ammettere pascolo sulle sue adiacenze, ed ebbe ragione per la zona di
S. Maria a Monterone. Il 29 maggio 1855, innanzi a 400 contadini di
San Gregorio, furono riconosciuti ai Gaetani i due terzi del circuito
del lago (si eccettuava la zona da Valle dei ladri fino a Fosso di
Capo di Campo). A chi spetta il diritto di pascolo sul fondo del lago?
La questione non è proprio risolta. Se con R.Decr. 9 marzo '24, anche
il lago Matese è parte del demanio, è chiaro che il fondo del lago
scoperto d'estate (prima dei lavori il livello variava di qualche
metro) non è della S.M.E. ma del Demanio e per antico uso, dei comuni
rivieraschi (Piedimonte, Castello e San Gregorio), ma la S.M.E.
anzitutto fittò ed acquistò il lago ad uso industriale, poi,
provocando colle dighe un massimo d'invaso. che arrivò oltre i m.
1.016 di quota, acquistò le terre private invase dall'acqua. Per
queste ragioni, si ammette dai più questa soluzione (1980):
1) Dai 1.007 ai 1.010 metri ai proprietari delle adiacenze:
2) Dai 1.010 ai 1.012 spetterebbe alla S.M.E. (oggi Enel, ndr), che
l'ha ceduto in fitto ai comuni rivieraschi per pascolo e fienagione;
3) Dai 1.012 in su, è terreno coltivabile, che la S.M.E. fitta a chi
vuole, avendolo comprato dai proprietari.
Insomma, nonostante che il lago, nel '24, sia stato demanializzato, se
n'è tenuto conto soprattutto la funzione industriale.
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