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Chiesa Ave Gratia Plena  (Annunziata)  
  Secondo lo storico locale Trutta questa chiesa esisteva fin dal IX secolo e nel 1417 fu elevata a parrocchia del rione Vallata.
L'aumentata popolazione di questo rione rese insufficiente l'originaria chiesetta, sicché fu necessario modificarla ma soprattutto ampliarla nel primo '600. La facciata ed il campanile sono del 1691.
Le dimensioni dell'interno sono di m. 32x22 circa. E' costruita su tre navate in marcato stile barocco più evidente sul fornice del presbitero dove è rappresentata l'Annunciazione e sulla volta della navata centrale sono cinque affreschi tutti raffiguranti l'Immacolata Regina degli Angeli, Regina dei Profeti, Regina degli Apostoli, Regina dei Martiri e Regina delle Vergini. Tutti i cinque affreschi sono opera del pittore napoletano Gaetano Bocchetti, eseguiti nel 1931.
l vescovo Antonio Scotti fece realizzare nel 1891 l'attuale altare maggiore in marmo policromo. Dietro l'altare si pone l'elegante coro ligneo, opera dell'ebanista napoletano Aniello Giordano e datato 1748. Pure di legno intarsiato è il Pulpito, opera ottocentesca a cura del locale maestro ebanista Antonio D'Andrea.
Un poderoso organo, costruito nell'Anno Santo 1750, fu gravemente danneggiato dagli avvenimenti bellici del 1943. Successivamente restaurato possiede ben 943 canne ed è sistemato  su una cassa lignea posta all'ingresso della porta centrale.
Tre poderose campane fanno sentire i propri rintocchi in un raggio di 3-4 Km circa e pesano rispettivamente 16, 4 e 1,5 quintali.
Nella chiesa sono custodite le reliquie del martire S.Venanzio, portate da Camerino nel 1707 per opera dell'allora vescovo Porfirio. Altri papi, come Pio VI, Leone XII e Pio X l'arricchirono di indulgenze.
La chiesa, dichiarata "Santuario" dal vescovo Noviello il 14 aprile 1937 è dedicata alla Immacolata Concezione di Maria. Ma la devozione all'Immacolata per i piedimontesi risale al 1759. La statua lignea, realizzata nel 1763, è opera del napoletano Gennaro d'Amore.
Il 1° gennaio 1764 il Parlamento piedimontese proclamò l'Immacolata Patrona di Piedimonte. Sebbene i festeggiamenti in suo onore iniziassero già dal 1772, essi divennero imponenti solo a partire dalla metà dell'800. Nel 1855, per la prima volta, la statua veniva portata in processione per tutto il paese.  
Di notevole fattura è la grande tela posta dietro l'altare principale e che fa da sfondo alla navata centrale. Rappresenta le Nozze di Cana (mq. 40) ed è opera del Rossi, 1732, allievo del Solimene e del Giordano. Il soggetto generale segue il canone del fatto evangelico, meno le vestimenta e le acconciature. L'autore volle concepire questa scena con grande sfarzo. I 62 personaggi, quasi a grandezza naturale, sono in una scena di grande movimentazione da colpire principalmente la fantasia (luminosità e spettacolosità). La composizione imponente rende l'originale del pittore napoletano una vera opera d'arte ed oggetto di continua ammirazione.
Un quadro su tavola, racchiuso in una icona barocca ricca e dorata,è La madre degli Zebedei. Rappresenta la madre degli apostoli Giacomo e Giovanni, che presenta i figli a Gesù perché li mettesse uno a destra e l'altro alla sinistra Sua nel Regno Messianico. L'autore, ignoto, ha aggiunto al fatto singolare della petizione di una mamma, un miracolo di Gesù ad un paralitico.
La nascita di Gesù (1605) è una grande e pregevole tela della scuola napoletana, di Girolamo Imparato (1549 ca.-1607), anche se molti cultori d'arte l'attribuiscono al pittore Curia. Si ritiene che sia una replica della Natività dello stesso pittore, che si trova nella chiesa del Gesù Nuovo a Napoli. "La bella tela con l’adorazione dei pastori, ultimata nel 1605, va annoverata fra i principali prodotti dell’ultima attività del maestro partenopeo. Il dipinto piedimontese riprende quasi fedelmente il gruppo centrale della Natività situata nella cappella Fornaro: scompaiono l’angelo e il pastore collocati in primo piano nella pala gesuitica e il numero degli angeli posti sulla sinistra passa da tre a due. Risultano nuove rispetto al prototipo napoletano alcune varianti che accrescono il carattere per così dire bucolico della composizione: la tettoia lignea della stalla, adattata fra ruderi antichi, coperta da fasci di ginestra; il pastore con la ciambella di pane sul bastone; lo stupendo brano di natura morta della canestra di vimini ricolma di agli e cipolle; il lirico scorcio paesaggistico di gusto brilliano che si intravede oltre le rovine.
Inoltre, il programma iconografico appare completato dall’Annuncio ai pastori raffigurato nella cimasa, un brano pittorico di notevole qualità esecutiva.
La pulitura della cornice dorata condotta durante i recenti restauri ha reso leggibili gli stemmi bipartiti delle famiglie de Gratia e Trutta, posti sul basamento del dipinto, e l’iscrizione contenuta nella tabella centrale in cui sono tramandati il nome del committente e la data di esecuzione: Nativitate D(omin)i/hoc opus illustravit/Nicolaus de Gratia a(n)no salutis MDCV (1).
La Natività imparatesca è parte di un significativo gruppo di pale d'altare grosso modo coeve, commissionate da esponenti della nobiltà locale, patroni delle cappelle distribuite nelle due navate della chiesa, tra queste l'Annunciazione del toscano Giovanni Balducci, il meno noto Cristo con i figli di Zebedeo
(2) del medesimo pittore, e un interessante dipinto raffigurante la Vergine e il Bambino fra i santi Rocco e Francesco d'Assisi nella prima cappella a sinistra dell'ingresso, firmato da Alessandro Alberti, con la cona di Piedimonte, oltre che una rimarchevole testimonianza pittorica, rappresenta un raro esempio della tipologia di ancona più in voga nelle chiese di provincia tra il Cinque e il Seicento. Nello stesso edificio sacro, anche i dipinti del Balducci e dell’Alberti conservano simili incorniciature lignee, di qualità plastica però nettamente inferiore.
La cornice imparatesca si caratterizza per una discreta fattura degli intagli: notevoli sono soprattutto i racemi che corrono lungo le fasce orizzontali, le grottesche che avvolgono il fusto delle colonne e gli espressivi mascheroni manieristici, appostati sulle mensole laterali su cui poggiano due statue di virtù, dal modellato più rigido e impacciato. L’opera è ascrivibile ad uno dei migliori intagliatori attivi a Napoli in quegli anni. Nel settore in città primeggiavano scultori come Nunzio Ferraro e Giovan Battista Vigliante(3); è difficile però far uscire dall’anonimato l’autore (o gli autori) delle sculture piedimontesi, a causa della scarsa conoscenza di questi prodotti, finora trascurati dalla critica, e delle poche notizie conosciute sugli artefici, noti per opere troppo distanti nel tempo."
(Stefano De Mieri)
Al lato destro della nuova Cappella dell'Immacolata, di recente sono stati raccolti i resti dei Vescovi seppelliti in vari posti della Chiesa: Pietro Paolo de Medici +1656, Domenico Caracciolo +1675, Angelo M. Porfirio +1730, Pietro Battiloro +1735, Antonio Isabella +1752, Emilio Gentile +1822, Luigi Noviello +1947.
Un Crocifisso in legno, finemente scolpito, è sovrapposto a tre tele, di autore ignoto, raffigurante la Vergine Addolorata, San Giovanni Evangelista e la Maddalena. Il tutto è racchiuso in una artistica cona dorata.
Gli affreschi, in alto, a destra e a sinistra, sovrastanti il coro riproducono Maria SS. Assunta in Cielo; la Nascita della Vergine e la Visita a S. Elisabetta nonché alcune figure di profeti. Gli affreschi, che si conservano ancora in buono stato, sono del pittore Antonio Cipullo, eseguiti nel 1730. La chiesa è stata restaurata nel 1993, a seguito dei danni subiti a causa del sisma del novembre 1980.

(1) L’iscrizione viene tralasciata da G. Buonomo, Vallata e le sue chiese, Piedimonte Matese 2000, p. 64, che riporta soltanto la data. Sulla chiesa dell’Annunziata e sulla famiglia Trutta cfr. R. Marrocco, Memorie storiche di Piedimonte D’Alife, Piedimonte D’alife 1926, dove l’opera è ritenuta del Curia, pp. 290-291; D. Marrocco, Piedimonte Matese, Piedimonte Matese 1980, pp. 249-252, 103.
(2) S. Musella Guida, Giovanni Balducci, cit. pp. 39-40; P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento, cit. p. 254, fig.a.p. 299.
(3) Su questi scultori del legno cfr G. Toscano, La bottega di Benvenuto Torelli e l'arte del legno, cfr. pp. 231-269; F. Capobianco, ad vocem Ferraro Nunzio, in Allgemeines Künstler Lexikon. Die Bildenden Künstler ller Zeiten und Völker, XXXIX, Leipzig 2003, pp. 12-13.
 
 
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