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Piedimonte Matese, la preistoria
(In parte estratto da: Piedimonte Matese, di D.B. Marrocco, Ed. ASMV, 1980)
 


Le prime notizie storiche su Piedimonte non vanno al di là del X secolo. Infatti prima di quella data non esiste alcuna documentazione storica. Le prime notizie documentate sono del ‘500 e sono anche quelle più accettate dagli storici. Secondo tali teorie nei secoli IX-X, in seguito alle distruzioni di Alife avvenute negli anni 865, 874 e 943, molti abitanti della vicina Alife si rifugiarono sulle pendici del Monte Cila, da qui l’origine del primo nucleo abitato di Piedimonte. Si tratta, tuttavia, di una teoria non accettata da tutti gli storici locali. Il più antico tra essi, l’arciprete di Isernia G.V. Ciarlante dice[1]: “...Or secondo il primiero modo descritto ebber origine le terre di Piedimonte e di Cerrito, questa dalle rovine di Telese e quella di Alife, i cui miseri cittadini che dalle stragi restaron vivi, in quei luoghi ritornandosi, a fabbricare cominciarono le loro abitazioni”.
Secondo lo storico locale, G.F. Trutta[2], Piedimonte risalirebbe al VI secolo, mentre nel IX secolo acquisterebbe la sua autonomia: “Convien dunque affermare che verso il fine del governo dei Longobardi e nel principio di quel dei Normanni s’introducesse l’assegnamento di territorio separato a’ Villaggi che venian sollevati alla condizione di Terre; e che diede occasione a tal dismembramento la rovina di Alife, avvenuta per le armi e per le fiamme de’ Saraceni, allorché nell’anno di G.C. 865, disfatti in battaglia campale gli eserciti cristiani, posero a sacco e distrussero Alife; lo perché i cittadini di lei, colla fuga scampati, avendo accresciuto oltremisura il numero di abitanti di Piedimonte, Rupecanina ed Ailano, vollero parte di quel campo che loro spettava come cittadini della desolata loro patria. Non voglio però dire con questo che, dopo tal Saracinesca distruzione della città principale, s’incominciassero a costruir fortezze e castelli, che prima non vi fossero stati..., perché le antiche mura di Piedimonte che son sopra la piazza e la vecchia chiesa di S. Maria, come ancor quelle del suo Castello e della di lui fortissima torre.....essere debbono d’una fondazione più antica, e forse e senza forse dell’uscita del secolo sesto, quando di queste nostre belle contrade s’impossessarono i Longobardi.....voglio dir solo che nel nominato secolo Nono tutti quasi i Castelli e i Villaggi dell’Alifano Campo, accresciuti di abitatori, s’innalzarono alla condizione di Terre, e si divisero il campo alifano”.

Ma lo stesso Trutta avanza una seconda ipotesi: “Della di lei (Piedimonte) immemorabile origine come il più rispettabile Vico Alifano, anzi Metrocomia de’ medesimi.....nel finire del ridetto sesto secolo.....essendole state edificate le mura e le torri, passò alla condizione di Castello, ma senza che si sottrasse alla subordinazione di Alife; quindi nel secolo Nono......fecesi grossa Terra, accresciuta di abitatori da’ Cittadini, avanzati alle stragi e agli incendi di Alife....., con essersi prima i medesimi ritirati sul monte Cila e fortificatisi contro gli insulti dei barbari nelle più volte nominate trincee, fattevi dal Dittator Fabio Massimo, o più veramente trovatevi ab antiquo, giacché Livio dice in loco alto ac munito, che sembra voglia dire ch’era munito da prima. Passata poi quella tempesta....., non potendo i miseri alifani tornare alle desolate loro abitazioni elessero di restare in Piedimonte qual luogo di maggior sicurezza.....”.
Terza ipotesi, sempre del Trutta: “Distrutta Alife, a’ rimasi suoi cittadini fu d’uopo se ne edificassero un’altra in Piedimonte non mutandole però il nome che il sito e la natura dato le avevano da remotissimi secoli.....Che però a questi tempi può attribuirsi la fabbrica di quell’antico, magnifico edificio che si vede vicino al sito dove fu l’antica chiesa di S. Maria Maggiore di Piedimonte....., che altro non fu dal tempo più antico che un Sedile[3], fabbricato da quei nobili alifani che allora nostri cittadini si fecero”
Gli storici locali non parlano mai dell’origine di Piedimonte, ma del suo accrescimento. Per Ciarlante, Giorgio, Trutta, ecc. esisteva già un piccolo abitato ma quale sia stata l’origine di esso nessuno ne fa menzione.
Come giustamente afferma D.B. Marrocco, ai tempi dei predetti storici non esisteva l’indagine e la critica storica iniziata solo nell’800, per cui più che storia era mito. Un mito che quasi sempre si collegava alla Grecia ed alla splendida epopea troiana, ma che ciò nonostante era sempre favola.
La risposta l’hanno data gli studiosi dell’800 e del ‘900.


Applicazione delle teorie sulla preistoria
L’hanno data in base ad una legge generale geo-economica che domina nella preistoria, come nel ricorso storico medioevale. L’economia pastorale, l’assoluta mancanza di sicurezza al di fuori della tribù, la transumanza periodica hanno reso necessario che si abitasse, durante e dopo ogni esodo stagionale in loco alto ac munito, come diceva Livio. Quando poi c’è stato il graduale passaggio all’economia agricola, concomitante ad una più vasta e sicura organizzazione politica, allora la grossa pianura – finora insicura – ha pigliato gradatamente la prevalenza sulla montagna povera.
Cosicché, quando l’archeologo tedesco Enrico Dressel[4], scavando la necropoli sannitica di Conca d’oro di Alife, constatatò che la suppellettile delle tombe non andava oltre il V secolo a.C., venne inevitabile la domanda: e prima? Dove risiedeva la tribus alliphanorum? E’ evidente che bisognava cercarla sui monti vicini. Così, dall’abitato del Monte Acero sono derivati i villaggi di Faifolae (Faicchio) nella pianura, da quello di Civita l’abitato e i borghi di Bovianum (Bojano), dalla Rocca è venuta Mucrae (Morcone), dalla neolitica Ceritum in alto, l’attuale Cerreto e Civitella, da Torrevecchia viene Saepinum (Sepino-Altilia). Questo per constatare la teoria geo-economica solo sul Matese. Lo stesso è avvenuto per Allifae
Ma quale fu il posto della città preistorica? Un posto unico, determinato, vicino, che ci parlasse non per congetture ma attraverso materiale di scavi?
Nissen[5], col suo solo sguardo indagatore, fissò la città sannitica dov’è ora Castello. A questa ipotesi egli non fu portato da scavi ma dalla sola teoria generale già detta. Castello è la collina avanzata, di facile accesso e difesa, di media altezza, ottima per il passaggio delle greggi. Né gli argomenti oppostogli dal Von Duhn sono decisivi[6].
Senonché “i grandisosi resti di opere fortificate a sistema poligonale, che si trovano scaglionati a varia altezza lungo il pendio del Monte Cila”, e i “non pochi manufatti preistorici” descritti dal Majuri, ivi trovati, mentre hanno confermato la teoria generale, hanno corretto l’ipotesi Particolare del Nissen.
Il nostro angolo di terra è stato dunque abitato sul Cila, secondo la nuova teoria del Majuri, appunto, e fin dal VII sec. a.C., stando solo alla grossolana tecnica dei suoi muraglioni.

Da qui sorgono due possibilità che definiscono: 1) di spostamento, 2) di irradiamento. 

           Spostamento. La tribù sannitica dei pastori del Cila si è semplicemente trasferita in pianura ed è nata Alife, e da questa sono poi venuti tutti gli abitati dell’ager alliphanus. E così ci ricolleghiamo anche alla tradizione medioevale. Questo non è però accettabile, perché è assurdo che i pastori del Cila, dopo conosciuta l’economia agraria in pianura, tornassero ad un’economia pastorale, peggiore, marginale, più misera, e cioè ad un regresso.
          Irradiamento. La tribù del Cila si è irradiata in diversi punti della collina e pianura. Fra questi rustici villaggetti uno, Alife, per la miglior posizione topografica, e la maggior produttività della terra, è prevalso sugli altri, più o meno contemporanei sì, ma periferici, di una economia arretrata e magra, perciò paralizzati nello sviluppo, e rimasti nell’ombra. 

Fra questi villaggi – paragonabili oggi alle frazioni che compongono Gioia e Faicchio, Piedimonte divenne lentamente metroconomia, villaggio centrale. E anche in questo ci aiuta la geoeconomia. Lo divenne per tre cause: acque abbondanti ai suoi piedi, posizione ottima di difesa, accesso migliore sul Matese. Sulla seconda ipotesi si sono fermati i nostri storici, specie il Trutta, e non è da escludersi. Al Marrocco piace fermarsi sulla terza. L’importanza del villaggio piedimontese è data proprio dalla sua funzione di transito fra montagna e pianura, fra pastorizia e agricoltura, fra economia povera e grassa. E’ una funzione di punto d’incontro del prodotto. Centro di raccolta, punto di contatto fra due epoche e due civiltà, vertice angolare di due aperture, verso i monti e verso la pianura: ecco Piedimonte. Irradiamento cilano e funzione di transito, sono il suo migliore atto di nascita.

Gli avanzi preistorici del Cila  
Il Majuri fa un’acuta analisi dei luoghi: “La posizione centrale e frontale di sbarramento del Cila ne fece fin da tempo antichissimo un centro di abitazione e un posto di vedetta e di difesa.....”. La conferma gli viene dai “grandisosi resti di opere fortificatorie a sistema poligonale..... La struttura è di tipo primitivo, ed è ben lontana dalla tecnica del poligonale progredito; i blocchi....sono appena rozzamente tagliati nella faccia esterna; senza piani quadrati, conservano i piani di posa naturali..... Le dimensioni dei blocchi variano l’uno dall’altro..... La base del muro poggia sempre sulla roccia....”.
Stando alle Memorie del 1926, sono cinque, così disposte: 2 in basso, 2 al centro, 1 in alto. Questi cinque semicircuiti del Cila sono lunghi in tutto 7.000 metri. Il primo, alla base del monte, è assai rovinato, ed è composto di due muri quasi paralleli alla distanza di 7-15 metri. La seconda cinta, duplice, è molto meglio conservata, e raggiunge in qualche punto i 7-8 metri di altezza. La terza ad un solo muro, è presso l’attuale cabina dell’Enel, ed è più bassa delle precedenti. Ci si accorge della loro antichità per la grandezza e il colore ferrugigno dei blocchi.
Il Majuri conclude dicendo che “questi grandiosi resti di difesa sul monte Cila.....non possono non riferirsi a quello che dev’essere il centro più importante di tutta questa regione montana, e cioè all’Alife sannitica, di cui l’Alife romana, posta a 3 km. dai piedi del M. Cila, in aperta pianura, non fu che la naturale continuazione”.  
Ma se le opere difensive, stando al Majuri, non vanno al di là del VII sec. a.C., i manufatti trovati si spingono oltre. Tre punte di selce levigata, due con peduncolo ad alette, si spingono all’epoca neolitica, ben più lontana del VII sec. a.C.. Vasi in bucchero e vari oggetti ci riportano all’età del bronzo, finché una borchia bronzea di fattura greca e un mezzo obolo di Fistelia si attestano del IV sec. a.C.. Trascurando tutto il resto, questi ritrovamenti di epoche diverse ci danno in sintesi tutta la preistoria e la protostoria del Cila. 
E cioè, l’urbs Cilae esiste fin dal sec. XV a.C. (?), come primitiva civiltà italica della pietra, propria degli antichissimi Safineis o Sanniti; è passata in seguito attraverso l’età del rame e del bronzo fino al IV secolo (moneta di   Fistelia), dimostrando con ciò che anche nel IV secolo c’era ancora gente ad abitarvi, e questa gente aveva rapporto commerciale colla Campania osca, greca ed etrusca.
      Alla fine del terzo secolo, quando il dittatore Fabio Massimo, venendo da Casilinum (Capua) trova Alife occupata dai Cartaginesi, il Cila era invece solo “luogo alto e munito” come dice Livio, che non parla più di oppidum ma di locus. Qui si pone una questione. Se Alife in pianura esisteva almeno dal V secolo, e sul Cila c’era ancora gente nel IV e non più nel III, dove sono andati questi pastori sanniti rimasti? Non è impossibile pensare che anzitutto la mancanza d’acqua del Cila li abbia spinti nei dintorni collinosi, e in seguito, le feroci operazioni della seconda guerra sannitica ve li abbia dispesi.
Era cessata da tempo l’economia soltanto pastorale, e al pastore rimaneva ormai la montagna e la collina come campo di attività. Poco da fare nella irrigua pianura, dove il nucleo più forte dell’antico ceppo cilano, Alife, che forse prima serviva da stazione in pianura per la transumanza, era ormai agrario.
Perciò non rimane che fissare in quest’epoca, dal V al IV secolo, l’origine ad irradiamento dei nostri umili villaggi, rimasti semipastorali: S. Gregorio, Castello, S. Potito, Calvisi, Carattano e la stessa Piedimonte (San Giovanni). Quest’ultima poi, data la posizione, assunse presto l’altra funzione di transito.
E’ questa una teoria personale del Marrocco, suffragata dal ragionamento e da qualche indizio. In attesa che eventuali scavi  possano confermarla, rimane sottoposta al giudizio dei competenti.

La vita nel villaggio sul Cila       
Il villaggio si trovava sulla quasi spianata che sta in alto. Essa è riparata a Nord, essendo inclinata verso Sud. Gli scavi del bacino dell’Enel l’hanno affossata nel punto centrale. Qui, in umili capanne dalle pareti a secco, vivevano i progenitori di tanti fra noi. Vi si doveva svolgere una rudimentale vita religiosa (l’idoletto neolitico l’assicura), un mercato tutto fondato sull’economia pastorale, e qualche organizzazione giuridica almeno negli ultimi secoli della sua vita. Progressivamente abbandonato questo villaggio, il governo sannitico di esso, il Kombennion o assemblea, presieduto dal meddix tuticus si sarà trasferito in Alife, come il Seggio o Consiglio comunale ad es. di Piedimonte si trasferì da San Giovanni nel nuovo abitato in pianura, quando divenne importante.
Tre strade vi salivano dalla pianura (da Coppetelle, Madonna delle Grazie e Valpaterno), una dalla terrazza a Nord ed una dal vallone ad Est. La suppellettile delle tombe (per ora sappiamo di alcune alla base del Cila), dal vasellame e dai monili delle donne, mostra una civiltà avanzata.
Del nome non si sa niente. Una ipotesi del Marrocco è questa: nelle località protostoriche, il luogo piglia nome dalla razza che lo abita. Così il nome del villaggio sul Cila dové rispecchiare il nome della tribù che lo occupava o del suo totem, o del suo capostipite o guida. Vi sono due possibilità: 1) siccome per l’abitato in pianura c’è il nome sannitico (sabellico) di Alipha, non è azzardato pensare che possa essere qualcosa di simile quello dell’abitato progenitore; 2) il Trutta fa derivare il nome di Cila ad Acilia[7], ma se invece di questa facile etimologia riportiamo il nome non al latino ma al precedente sannitico, pronunziando anzitutto k con la c, avremmo un altro nome possibile della località e del villaggio.
Stando solo ai fatti, testimoniati da scavi, possiamo dire con soddisfazione che un’industria protostorica delle terrecotte era sviluppata nella zona pedemontana, specialmente nel territorio di San Potito.
Scavi appena superficiali del 1926 nelle contrade “Le Fate” e “Conca dell’arena” ci hanno messo dinanzi a due abbondanti stipe, in cui a “Le Fate” prevalgono temi architettonici, e nell’altra figure.  Ora, che la produzione sia del posto, non si discute. Il difficile sta nello stabilirne cronologia ed autore. Quanto al tempo, ci si trova fra la il V ed il II sec. a.C..
Ma al ragionamento di Raffaele Marrocco (padre di Dante) si contrappongono le pertinenti considerazioni di F. S. Finelli, teologo della Cattedrale di Alife, nei suoi Cenni storici della città di Alife e Diocesi, Tip. Rinascimento, Scafati 1928: "Mi astengo di parlare dl altre bellezze, opere d’arte ‘ed istituzioni, avendone parlato ampiamente nelle sue Memorie Storiche il Prof. Raffaele Marrocco.
Su di un punto soltanto non posso convenire col prelodato Professore, ed è la nuova opinione da lui espressa e sostenuta sull’origine preistorica di Piedimonte. Da quanto ho detto di sopra, risulta provato che tutti i paesi dell’attuale nostra Diocesi hanno avuto origine da Alife, a cui sono appartenuti per molti secoli, come sobborghi o casali. Da questa tradizione sembra si sia voluto allontanare il Prof. Marrocco per assegnare a Piedimonte una diversa e più antica origine. Egli basa tale sua opinione sulla scoperta di un’acropoli preistorica, costruita con mura ciclopiche a ridosso del Monte Cila. “ Vestigia sorprendenti, egli dice, sfuggite a quanti si sono occupati della storia, dimostrano invece che Piedimonte ha avuta una più antica origine”. Queste vestigia sorprendenti sarebbero l’acropoli del Cila, con la relativa Arce centrale, costruita in mura ciclopiche.
Dal carattere delle murazioni, continua egli, non che dal ritrovamento di manufatti in selice (o pietra), si conchiude che il Cila era abitato da una popolazione Osco-Sabellica, anche perchè tribù di altre stirpe Italiche non si diramarono nelle nostre contrade.
Senza punto menomare il merito dello studio del Prof. Marrocco, mi permetto osservare che esso sostanzialmente non modifica affatto la sentenza del Trutta e degli altri antichi storici sull’origine di Piedimonte.
Difatti l’esistenza dell’acropoli sul Cila non solo era conosciuta, e quindi non sorprendente, ma fu perfino descritta dal Trutta, il quale, dopo aver assegnato la probabile origine di Piedimonte all’epoca Longobarda, cioè alla fine del VI secolo, parlando dell’invasione dei Saraceni aggiunge: quindi nel secolo nono della nostra salute, vale a dire dopo l’anno 865 di G. C. fecesi grossa Terra, accresciuta essendo di abitatori dai cittadini avanzati alle stragi ed agli incendii di Alife, ai quali era stata sottoposta da questa infedele e brutale canaglia, con essersi prima i medesimi ritirati nel monte Cila, e fortificatisi contro gli insulti dei barbari nelle più volte nominate trincee, fattevi dal dittatore Fabio Massimo, o più veramente trovatevi fatte ab antiquo, giacchè Livio (L. 22 c. 12) dice: in loco alto et munito, che sembra voglia dire che era munito da prima (Trutta, diss. 19).
In secondo luogo il Prof. Marrocco afferma, che il villaggio del Cila fu edificato ed abitato da una popolazione Osco Sabellica, in epoca preistorica.
Ora secondo l’opinione più comune di tutti gli Storici, e particolarmente del Trutta, gli Osci furono appunto i primi abitatori e fondatori di Alife; non reca quindi meraviglia se fin da quell’epoca remotissima, i cui avvenimenti si sottraggono al dominio della storia, il popolo stabilitosi nella pianura Alifana abbia costruita l’arce del Cila, come luogo di rifugio e di osservazione della sottostante pianura.
E che realmente sul Cila o ai suoi piedi non esistesse allora niun Castello o Città, diversa da Alife, apparisce dalle parole stesse di Tito Livio che dice:
Fabius quoque movit castra: transgressusque saltum super Allifas loco alto ac munito consedit", vale a dire: anche Fabio mosse gli accampamenti, ed uscendo dagli stretti passi, si fermò sopra Alife in luogo alto e fortificato. Ma se sul Cila ovvero ai suoi piedi fosse esistito un altro Castello, o altra Città, diversa da Alife, Livio non avrebbe detto sopra Alife, ma sopra il castello o la città ivi esistente; dunque non avendo fatto allusione a nessuno altro centro abitato, è segno che la città di Alife era la più vicina al Cila, e l’arce, della quale egli parla, non era altro che una fortezza Alifana.
Questa mia affermazione appare anche più logica e ragionevole se si rifletta alla nessuna attività evolutiva della supposta popolazione del Cila di fronte allo sviluppo meraviglioso dei loro fratelli della pianura.
Alife, di origine Osco-Sabellica, a poco a poco si civilizza, s’ingrandisce, forma i suoi eserciti capaci di fronteggiare Roma, e riempie di monumenti meravigliosi tutta la pianura, per cui scrive una pagina gloriosa nella storia; gli Osco-Sabellici del Cila invece, che si vorrebbero quasi più antichi di quelli della pianura, rimangono, per interi secoli, inerti, immobili,
nascosti fra le loro mura ciclopiche senza progredire di un passo nella civiltà, nell’ arte e nelle conquiste, per cui la storia li considera come non esistenti.
E possibile che due popoli della stessa razza, viventi nella stessa piaga, abbiano mostrata indole ed attività così diversa, che gli Alifani si sarebbero levati a tanta gloria, ed i Cilani rimasti in tanta oscurità?
Si potrebbe soggiungere che anche Piedimonte fu città illustre, la quale ebbe le sue ville coi suoi criptoportici, acquedotti, ecc.
Rispondo, che se Piedimonte fosse stata una città illustre, distinta da Alife, la storia ne avrebbe certamente parlato; se dunque esistevano colà ville, criptoportici e monumenti, essi appartenevano alla grandiosa città d’Alife, che come aveva le sue terme a S. Potito, così aveva le sue ville a Piedimonte. Questo per la storia. Per la gloria poi, voler respingere l’origine dalla gloriosa Alife, per andarla a cercare fra gli inerti ed oscuri Cilani, credo che sarebbe una genesi troppo umiliante per la nobile ed industriosa Piedimonte."

[1] Giovanni Vincenzo Ciarlante: “Memorie Istoriche”.
[2]
 Giovan Francesco Trutta: “Dissertazioni storiche sulle antichità alifane”.
[3]
 Il luogo dove sedeva il Parlamento locale. Ogni città lo aveva.
[4]
H. Dressel. – La necropoli presso Alife  - Roma 1885.
[5]
H. Nissen – Italische Landeskunde – Berlino, 1883.
[6]
F. Von Duhn – Italische Graberkunde - 1924
[7]
 Una famiglia plebea romana trapiantata in Alife.

 

             
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