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 Gaetano Bocchetti  (pittore)


                                                                                 RAFFAELLE MARROCCO
                                  (estratto dal fascicolo “La Chiesa di S. Maria Maggiore di Piedimonte d’Alife – Cenni Storici, Religiosi, Artistici”)

                                     Gli Affreschi di Gaetano Bocchetti
                                             nella Chiesa di S. Maria Maggiore
                                                     di Piedimonte Matese

                                                                                             Piedimonte d’Alife
                                                                              Tipografia Moderna Alberto Grillo & Figli
                                                                                                     1936

 

Chi entra oggi nella chiesa di S. Maria Maggiore non riconosce più il gelido tempio di un anno fa, aggraziata com’è da una veste di pura bellezza e da una musicalità di colori armoniosa e seducente. Anzi vi si accede ora con più rispettosa compostezza sapendosi di entrare in un tempio ove alita un’aria di dignità ed ove si effonde un soffio novello di celeste fragranza. Questa trasformazione la dobbiamo a Gaetano Bocchetti, l’autore d’importanti pitture sparse in numerosi paesi d’Italia, principalmente nella chiesa di S. Dorotea di Roma e nella basilica di S. Giuseppe da Copertino di Osimo, che sono le più interessanti fra quelle da lui finora eseguite e che meritarono le lodi dei competenti, lodi che, del resto, non potevano mancare essendo il Bocchetti uno dei pochi, fra gli artisti italiani, che tratta magistralmente il soggetto religioso.
Le sue infatti sono pitture che, attingendo in gran parte i motivi dai Testi scritti, senza attenersi strettamente agli astrattismi teologici, parlano il linguaggio della fede; sono cioè pitture d’ispirazione, sviluppate in una forma definita, con immagini non corrispondenti a nulla di reale pure aventi l’apparenza della realtà materiale, pitture chiare, di elevate concezioni e rispondenti pienamente al principio ideale di purezza estetica richiesto in particolar modo per le opere di carattere sacro.
Espresse con semplicità, senza sforzo e senza contrasti sgradevoli, e rasentanti – direi – quell’ingenuità che si riscontra nei primitivi, le pitture, qui eseguite, presentano indizi di una nuova tendenza dell’arte di Gaetano Bocchetti, che comincia ad allontanarsi dagli impetuosi svolgimenti di Osimo, pur conservandone i geniali fulgori, in conseguenza naturalmente della di lui maturità artistica e del migliore e maggiore studio che egli ha fatto del dogma, della morale e dell’essenza religiosa. Spirano cioè nelle scene e nei personaggi serenità ed espressioni idealizzate, anche quando abbiano aspetti e caratteri di drammaticità. Anzi, se questa serenità e questa idealizzazione non ci fossero, si dovrebbero creare per rendere questi quadri, come lo sono, doviziosi di bellezza e di commozione, giacché l’animo umano, l’animo che ha fede, non si appaga soltanto della proporzione della linea, del ritmo del chiaroscuro o della gioia dei colori, ma vuole qualcosa che lo spinga in un mondo diverso da quello, pieno di tribolazioni, in cui vive.
Questo obiettivo viene pienamente raggiunto in quanto l’artista, esprimendo i suoi concetti con fremiti di sentimento attraverso un’immaginazione fantasiosa – sì che il soggetto trattato non pare mai visto dai suoi occhi ma cesellato dal suo spirito creativo – riesce ad offrire un mezzo potente all’animo umano per elevarsi e purificarsi.
Fedele alle grandi tradizioni pittoriche italiane e al principio della missione sociale e spirituale dell’arte, il Bocchetti trascina appunto l’animo verso il bene ed il bello, ben lontano dalle aberrazioni e dalle insipidezze dei vari futurismi o cubismi imperversanti.
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Sulla volta della navata centrale risaltano quattro grandiosi affreschi situati in altrettanti scompartimenti, divisi da larghe fasce curvilinee di stucco, che, preesistenti alle pitture, hanno impedito all’artista di svolgere le composizioni in maniera più vasta. In questi quattro scompartimenti egli ha immaginato una specie di “sentiero delle virtù” mercé la rappresentazione di allegorie e della figura di S. Marcellino, che, quale Patrono di Piedimonte, prende giustamente il posto d’onore. Il Santo, in atto di salire al Cielo, è sorretto dalla Fede per la quale subì il martirio, e siccome esso impersona anche altre virtù, ecco il pittore a simboleggiare, nel secondo scompartimento, la Speranza e la Carità, nel terzo la Prudenza e la Fortezza, e nel quarto la Giustizia e la Temperanza. Queste composizioni hanno a destra e a sinistra, cioè in lungo ed in basso dell’intera volta, numerosi e movimentati gruppi di Angeli, sì che mentre sembra vedere quattro distinti quadri, a causa delle fasce soprindicate, si ha un’unica scena.
Questa sintetica manifestazione dei valori morali e spirituali del Santo sarebbe però riuscita monca e di scarsa efficacia se il pittore non l’avesse accompagnata con l’affresco nel cappellone a destra della crociera, ove ha rappresentata “la luce e la grazia divina” con figure di Santi e di Sante in adorazione della Croce, volendo con ciò significare che la vita di S. Marcellino fu irradiata da quella luce e da quella grazia; come sarebbe riuscita monca e di scarsa efficacia se non l’avesse completata con l’altro affresco nel cappellone a sinistra, relativo all’apoteosi del Santo, affresco che ha espressioni ed interesse non soltanto per la bella concezione ma anche per l’indovinata posa controluce di S. Marcellino, come per l’atteggiamento di Papa Damaso, che, interrompendo la scrittura dei famosi versi sul Martire, resta estatico dinanzi alla visione della di lui ascensione al Cielo.
Ma le pitture non si arrestano qui. Esse continuano nella volta in fondo all’abside con l’affresco dell’Assunzione. Il quadro si stacca, è vero, da ciò che può concernere il Patrono di Piedimonte, ma ha attinenza alla chiesa, la quale, com’è noto, s’intitola anche all’Assunta. Logica, quindi, è stata l’idea del Bocchetti col dare l’interessante quadro, e se l’avesse trascurata, avrebbe commesso un grave errore, non pittorico, intendiamoci, ma unicamente storico nei riguardi della chiesa stessa. Questo quadro, scostandosi alquanto dal tipo iconografico ben noto, si presenta di un’originalità tutta particolare, e direi – per il dinamismo degli Angeli sostenenti la Vergine nel suo volo dal basso in alto – di una concezione nuova, di largo respiro, specie per quella vastità di azzurro fondale e per quella magnifica teoria di Cherubini che forma una striscia vaporosa che l’occhio appena appena intravede.
A completare poi l’intera decorazione del tempio non restava che la cupola, la quale – essendo il punto centrale ove convergono tutte le composizioni – doveva necessariamente assurgere ad un fasto particolare. Mentre nei pennacchi sottostanti figurano i quattro Evangelisti, che sono di una potenza artistica veramente notevole, il Bocchetti vi ha rappresentata la glori di S. Marcellino e dell’Assunta, nel senso che entro gli otto spicchi, preesistenti anch’essi alle pitture, ci fa vedere un lembo di paradiso ove echeggia un tripudio di Cherubini e di Angeli, cui assiste, dalla sommità del Cielo, lo Spirito Santo, effigiato sotto forma di colomba, librantesi in una raggiera dorata.
Orbene, anche ad un modesto osservatore riuscirà facile constatare come questi affreschi sono di n pittore che possiede la facoltà di piacere per l’accurata scelta di soggetti assai graditi per il loro carattere, per la loro grazia e per la loro nobiltà, dei quali egli si serve per conseguire quella bontà tanto ricercata nei dipinti e che ottiene anche col dare ai personaggi il posto che a ciascuno spetta, col legare i gruppi, coll’evitare le posizioni simmetriche e col conferire alle teste quelle arie e quelle movenze, ora solenni ed ora aggraziate, conformemente all’azione e alle affezioni dell’anima. Questa bontà, anzi, si rileva persino col rispetto, che il Bocchetti osserva, delle regole prospettiche, mercé le quali le dimensioni e le dovute distanze dei personaggi hanno la giusta misura e il colore quei giusti toni che lasciano ben distinguere i vari piani delle scene, per cui la massa d’aria tra il quadro e l’osservatore, aumentando in ragione diretta della distanza, rende visibili o poco appariscenti, i chiari, le ombre e le mezze tinte, a seconda l’esatta e giudiziosa applicazione di quelle regole.

                                                                                     ***
Gaetano Bocchetti, utilizzando la bella tecnica Settecentesca e quella praticata in pieno Ottocento dal Morelli e dal Vietri, mentre ha dimostrato una solida preparazione, ha evitato di cadere nel decorativismo generico, usato oggidì, che serve soltanto a riempire gli spazi.
Compositore esperto e disegnatore corretto, egli è riuscito a darci in S. Maria Maggiore pregevoli dipinti, ricchi di tocchi arditi, di vaghezza di luci e di progressioni cromatiche tali, da far trasparire dalle figure l’anima di ciascun personaggio.

In grazia appunto di questa tecnica – la quale fa sì che gli Angeli affrescati nelle varie zone en rappresentano il tipico simbolo del casto effluvio dell’anima, e, come dicevo, i Cherubini, che entro la cupola si muovono con innocente giocondità, la gloria di S. Marcellino e dell’Assunta – in grazia di questa tecnica, ripeto, la poesia dello spirito e il trionfo della fede si manifestano come un epicinio che i messaggeri alati, floridi di freschezza e di beltà, cantano freneticamente con le loro voci argentine.
È in sostanza la luce dei colori sapientemente manovrata e disposta che dona agli affreschi quell’estetismo tonale per cui i personaggi acquistano quel tanto di materiale che l’occhio può percepire, una luce di colori trasparente, aleggiante come una sinfonia leggiadra che rende più composte ed ordinate le attitudini delle figure, più belle le loro espressioni, più penetranti i loro caratteri. Eppure sono pitture di getto, intuite quasi, senza ritocchi e senza artifizi, cioè genuine e spontanee, pitture, invero, piene di visioni celesti, di verità e di bellezza, ed anche suscitatrici di feconde esaltazioni spirituali.