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CRONICA DELLE DUE SICILIE
di C. DE STERLICH
DEI MARCHESI DI CERMIGNANO
Napoli, Tipografia di Gaetano Nobile, 1841
Il 24 settembre 1841
uno spaventevole uragano à immersi nella desolazione gli abitanti di Piedimonte d’Alife. Minacciata quella città da tre vallate,
che messe alle gole dell’altissimo monte Matese danno
vita a tre torrenti che per tre lati diversi corrono in essa come inviati a
distruggerla, nei tempi piovosi se ne rende l’esistenza assolutamente precaria.
Non erano ancora le ventiquattro ore allorché il primo di quei torrenti detto
di Paterno, ingrossatosi smisuratamente per la pioggia sopravvenuta, dominando
il rione del medesimo nome, non è giunto ad invaderlo, dai pioppi che
abbattuti, non sbarbicati, ne ànno
impedita l’ultima distruzione deviando la corrente verso il luogo che sta tra
il monte Cila e l’alveo che à colmato immantinente
fino all’altezza dei muraglioni dei quali à invaso il suolo, distruggendo lo
spianato della Cavallerizza bello di platani, dì salici e d’altre simili piante
che vi cresceano a diletto ed a vaghezza di vista. E
ciò non solo: à colmato i pubblici lavabi di cui non avanza che la sola
memoria, à atterrato un muro alle spalle della chiesa dei celestini nella quale
penetrando, à scardinata la porta, strascinando la statua della Vergine del
Carmelo, rinvenuta più tardi senza veruno sfregio e di tutt’i suoi ori
compiutamente adornata. Riunitasi quindi con l’acqua di quei lavatoi à demoliti
i parapetti del ponte del Carmine dove à distrutto il canale del molino di Pertusio, le fabbriche adiacenti e i portelloni di difesa.
La maggiore altezza di questo torrente è stato presso la fabbrica Egg otto palmi sino a penetrare nelle finestre del primo
piano, di dove il portiere con la sua famiglia è giunto a salvarsi facendosi
tirar su con le corde. Il secondo torrente, chiamato di Capotorano,
che nasce nella vallata messa a mezzodì tra il monte e il comune di Castello da
un lato e il monte Maio dall’ altro, à distrutti i pubblici acquidotti
e il canale dei molini delle gualtiere e ramiere dI Sua Eccellenza il duca
di Laurenzana, messe al di là dell’ospizio dei padri pasqualini fondato da San Giovanni della Croce che vi ebbe
stanza, e quelli della fabbrica di Egg. Ma più degli
altri spaventevole e funesto è stato il torrente del Rivo che discende con
breve ma rapidissimo corso e si fa nel paese sul quartiere di San Giovanni sito
ad oriente in uno dei punti più elevati della città. Arrivato al ponte della
piazzetta che pur alto sessanta palmi non era capace di contenerlo è traboccato
su la pubblica via: e benchè le sue acque si fossero
divise pure una parte di esse è giunta all’altezza di quindici palmi abbattendo
il portone di casa Pertusio della quale hanno
sprofondata la camera di letto. Le case contigue, sei di numero, sono state
spiantate dalla sua furia, morendovi sedici persone: e colmato d’un tratto
l’ordinario suo letto, à atterrate le pubbliche lamie per gli enormi massi che
veniva seco strascinando. Le acque allora facendosi strada per la piazza di San
Domenico, ànno prodotto delle scavazioni
dinanzi al palazzo del sottintendente e del vescovo che vi à perduto quattro
cavalli ed una carrozza: e dove la via, a tenere verso quella di Mercato, è più
stretta, sono avvenuti per tutta la sua lunghezza dei depositi alti quattordici
palmi da cui le botteghe laterali sono rimaste barricate. Dietro la
Taverna, tendendo alla confluenza con l’altro di Capotorano, ànno poscia abbattuta
la fabbrica della tintoria, mentre una altra parte di esse, venendo già per la
contrada Coppetello, à lasciate profonde scavazioni lungo tutta la strada Seponi.
E’ qui riuniti insieme il torrente di Rivo e quello di Capotorano
ànno assolutamente distrutti i molini e le ramiere dietro il Carmine, il canale della casa de1 signor Giacomo
Egg e alcuni fabbricati appartenenti al duca di Laurenzana, rendendo affatto inutili altri molini ed
industrie. Riunitisi poscia tutti tre i torrenti ànno
compita l’ultima rovina danneggiando gravemente la fabbrica di Dalgas posta sul Ponte dei pioppi.
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